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Costume e Società, Cultura e Spettacolo

IL PROFESSOR PAOLETTI E LE MORTI STORICHE

Da tempo si è riscontrato quanto le morti di personaggi famosi destino una grande curiosità da parte di un pubblico più o meno interessato alla storicità degli eventi. Radio, televisione, riviste patinate, editoria e cinema danno sempre più spazio a “indagini” di questo genere. Ad interessarsi a tale argomento, oggi, è anche la scienza medica. A dimostrarlo è stata ieri pomeriggio (mercoledì 2 febbraio) la presenza del Professor Venerino Poletti durante il terzo incontro della rassegna “I Libri di Ippocrate”  promossa dall’Ausl di Rimini presso l’ospedale Infermi. Poletti, ravennate, noto pneumologo (dirige l’unità operativa di Pneumologia dell’ospedale di Forlì), oggi deve la sua fama anche allo studio e la ripresa delle tesi delle morti di quattro tra i protagonisti dell’Unità d’Italia: Cavour, Garibaldi, Mazzini e Vittorio Emanuele II. Nel 1800 le due malattie più radicate erano sicuramente la malaria e la tubercolosi. Sicuramente molti dei decessi avvenuti in quell’epoca erano dovuti a queste gravi patologie. A quanto pare l’esistenza di esse ha giustificato la semplificazione nel determinare le cause che portarono a miglior vita uomini politici illustri. Fra tutti il caso che si tinge di giallo è certamente quello di Camillo Benso (1810 – 1861). Fior fiori di biografie e manuali storici hanno sempre dato la causa della giovanissima morte del patriottico Conte piemontese alla malaria che al professor Poletti risulta molto improbabile. Poteva essere una motivazione plausibile dal momento che Cavour visse non lontano dalle risaie. Tuttavia il Conte morì in poco meno di una settimana durante il mese di giugno: tutto ebbe inizio con febbre, perdite di conoscenza fluttuante e insufficiente coagulazione del sangue. Eppure di malaria non si muore così rapidamente, tanto meno il decesso avviene all’inizio dell’estate, bensì a fine stagione verso il mese di settembre. La sintomatologia riportata nei documenti storici ha portato il dottor Poletti a pensare alla sindrome di Moschowitz, una malattia molto rara che registra segni come febbre, anemia, comportamento insolito, stato mentale alterato, ictus, emiplegia, nausea e vomito. Ipotesi plausibile. Garibaldi (1807 – 1882), invece, è sempre stato associato all’artrite e all’artrite reumatoide. Che fosse affetto da artrite si sa: basti pensare alle grandi difficoltà, già a 45 anni, nel montare in sella. D’altra parte è risaputo che di artrite non si muore. Il famoso condottiero, come un giovane anziano, trovava difficoltà nel reggersi in piedi. Si potrebbe pensare al parkinson. Tuttavia le fonti assicurano che Garibaldi non tremava. Motivo per cui il dottor Poletti pensa al Parkinson Vascolare, caratterizzato da sintomi e segni parkinsoniani ma di origine vascolare. Ironia della sorte, come fa notare il professore, Cavour, uomo di cultura e di pensiero, si ritrovò a lottare con una malattia fulminea, mentre Garibaldi, più portato all’azione, venne abbracciato da una patologia estremamente lenta. Per Mazzini e Vittorio Emanuele II le diagnosi paiono decisamente più comuni: per il primo Poletti ipotizza un cancro all’esofago in fase terminale, mentre per il secondo, caso studiato ancora “superficialmente”, una polmonite. A 150 anni dall’Unità d’Italia medici di grosso spessore non solo analizzano morti celebri: contestualizzano la loro responsabilità immaginando di scoprire un’eventuale incapacità di intendere e di volere di un governante. Qualora dovessero riscontrare una patologia deficitaria pare che dovremmo comunque continuare a sottostare alle leggi del paziente.

[Testata: Corriere Romagna – pagina Cultura&Spettacoli – Data di pubblicazione: 03/02/2011 – Titolo: Il romagnolo che spiega la morte dei grandi. Autore: Nicoletta Cogoni] 

Informazioni su Nicoletta Cogoni

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